Progetto Armenia
VARDAGHBYUR – ARMENIA
Questa piccola casetta prefabbricata, che vedi in mezzo alla neve, è l’ambulatorio al servizio del villaggio di Vardaghbyur, un pugno di case con 240 anime che campano di pastorizia e agricoltura nella regione dello Shirak. Duemila metri di quota, aquile appollaiate sui paracarri e neve già abbondante ai primi di ottobre. Tutt’intorno, infiniti orizzonti stile Deserto dei Tartari.
Siamo in Armenia, una terra splendida e terribile, piena di fascino e di contrasti, che può stupire.
Terra di antichi monasteri e caravanserragli lungo la Via della Seta, di siti archeologici, di canyon rocciosi a cui fanno seguito valli fiorite. Terra di squallide periferie, tristi e malmesse, di resti da brivido dell’industrializzazione sovietica e di miseria endemica nelle campagne. Terra ricordata troppo spesso solo per il genocidio del 1915, il grande terremoto del 1988 o la guerra praticamente persa contro l’Azerbaigian. Terra dove la parola welfare è solo una parola presente nei vocabolari di inglese: in Armenia tutte le prestazioni sanitarie, eccetto il parto, sono a pagamento e, per i parametri economici del paese, a caro prezzo.
In questo contesto, avere a che fare con l’ambulatorio di Vardaghbyur e con la sua “casa madre”, l’ospedale Redemptoris Mater di Ashotsk, è considerato, pur nella disgrazia della malattia, una gran fortuna. Affidate alla gestione dei Ministri degli Infermi, i Camilliani, queste strutture forniscono una assistenza sanitaria conforme agli standard occidentali, garantendo la gratuità delle prestazioni alle tante persone in difficoltà economica e ai restanti utenti la possibilità di poter essere assistiti a costi sostenibili. Tutto ciò al prezzo di un costante bisogno di supporto da parte di benefattori vicini e lontani.
E’ quindi fondamentale che quando tutto viene coperto da un candido manto bianco, e per gli abitanti di questo paesino sulle montagne risulta impossibile raggiungere l’ospedale, l’ambulatorio di Vardaghbyur continui ad esistere e ad operare, e a farlo gratuitamente.
E questo accadrà, anche grazie a voi, che con la vostra generosa iniziativa partecipate al mantenimento di questo presidio sanitario nel lontano Est, che attende tempi migliori, che non mancheranno di arrivare.
Potete esserne orgogliosi.
“Chi non ha mai visto rinascere la Fenice guardi al popolo armeno”.
Un grande grazie e un saluto!
A nome dei fratelli armeni abitanti in Vardaghbyur
2014-2025
da CRESPELLANO all’ARMENIA
Quando ci imbarcammo sul volo AZ 556 per Yerevan, nell’ormai lontano 29 agosto del 2014, l’idea di infilarci in questa impegnativa impresa e di adottare un ambulatorio in Armenia già c’era ma abbastanza confusa. Dove? Come? Quando? Ci saremmo riusciti? Sarebbe durato?
L’unica cosa sicura era l’appuntamento con Padre Mario Cuccarollo, un Camilliano, il responsabile amministrativo dell’Ospedale Redemptoris Mater di Ashotsk. La fama di questo ospedale ci aveva raggiunto fino in Italia e volevamo andare a vedere.
Donato da Giovanni Paolo II, tramite la Caritas, al popolo armeno, all’indomani del terribile sisma del 7 dicembre 1988, era, anzi, è, interamente prefabbricato ed è stato portato su gomma fin lassù, nello Shirak, la regione più emarginata dell’Armenia, in un luogo detto per la piacevolezza del clima “La piccola Siberia armena”. Inaugurato il 6 ottobre del 1991, era stato programmato per funzionare 15 anni ma è ancora lì, dopo 33, e gode di ottima salute. Per caratteristica costruttiva e per la durezza del clima al quale è sottoposto probabilmente entrerà nella leggenda.
L’incontro con Padre Mario, una bellissima occasione di incontro e di conoscenza, ci ha indicato la via: d’inverno dai paesini sulla montagna è assai difficile raggiungere l’ospedale sull’altopiano e pertanto è stata creata una corona di 22 ambulatori montani che circonda l’ospedale. Ottima idea, ma da far girare con poche risorse economiche e dovendo garantire la gratuità delle prestazioni a una popolazione in perenne difficoltà economica (nello Shirak la raccolta differenziata non viene effettuata: i rifiuti li bruciano nelle stufe per scaldarsi …).
Si è quindi cercato di far adottare gli ambulatori affidandoli a parrocchie o ad associazioni che mantengano struttura e personale sanitario e il caso ha voluto che quello di Vardaghbyur fosse orfano …
E’ successo così … e sono passati, giusto, giusto, dieci anni, dal 2015 ad oggi, da quando una targa dorata è stata affissa ad una parete dell’ambulatorio, e un gruppo di parrocchiani, forse un po’ matti, ha fatto in modo che una parrocchia emiliana avesse “il suo” ambulatorio in Armenia…
Se siete curiosi e volete saperne di più, o volete anche voi “il vostro” ambulatorio in Armenia, potete scrivere direttamente in ospedale, a Padre Mario: redemptorismaterashotsk@yahoo.it o al sottoscritto, Andrea Baratta: archivio@parrocchia-crespellano-pragatto.it .
Bomboniere Solidali
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